Parco Ossidiana

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Tappa obbligata, per il visitatore che intende scoprire e conoscere il territorio di Masullas, è il Parco dell’Ossidiana, un luogo che racchiude millenni di storia in pochi chilometri. Situato nella parte meridionale del Monte Arci tra due strette valli che confluiscono nel Riu Cannas dista soli 10 minuti di macchina dal centro del paese.

Il luogo è speciale: fa parte del Parco Geominerario Storico Ambientale della Sardegna e rappresenta un unicum nel territorio locale. Si tratta del più̀ grande giacimento di ossidiana di tutto il Mar Mediterraneo (altri giacimenti, si trovano nelle isole di Pantelleria, Lipari, Palmarola e Melo, mentre nel resto d’Europa sono presenti in Ungheria e in Transilvania). La sua storia abbraccia un ampio periodo risalente all’età̀ prenuragica e richiama riti e tradizioni del passato ancora oggi intrisi di miti e leggende.

Fu utilizzato già agli albori della storia dai popoli prenuragici che in questo luogo trovarono, oltre al prezioso vetro nero vulcanico usato per costruire armi per la caccia e utensili, anche numerosi ripari naturali, boschi, selvaggine e sorgenti d’acqua.

Per diversi millenni, l’ossidiana di Conca ‘e Cannas alimentò una fiorente attività commerciale verso le coste del Mediterraneo.

A distanza di sei millenni dal primo sfruttamento da parte dell’uomo neolitico, negli anni ’50 del secolo scorso il giacimento fu coltivato per l’estrazione della perlite con l’apertura di cave e scavi a cielo aperto. 

Oggi, lo scenario minerario più antico dell’Isola offre al visitatore un gioco di luci e suggestioni di colore unico. Il sentiero che porta alla cava principale è la prima meraviglia che si incontra: cosparso da migliaia di piccoli frammenti di pietre nere. Sono le schegge di ossidiana, un vetro vulcanico, che dai piedi del Monte Arci arrivano a valle trasportati dalle piogge torrenziali dei mesi invernali, così forti e abbondanti da impedire l’accesso al sito per diversi mesi all’anno: da novembre a marzo.70

Questa pietra lavica, per l’importanza che ha ricoperto nelle società del neolitico (utensile, armi da caccia e merce di scambio) è stata definita l’oro nero della Sardegna.

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